Prima e unica giornata a Identità Golose, piena, intensa, ricca di incontri e di nuove conoscenze.
Ore intense ed emozionanti soprattutto quando trovi un posto in Auditorium ad ascoltare (e vedere) arte gastronomica mista ad emozione, tecnica e follia.
Nel buio della sala si sparge una calma apparente ed ipotetica perchè fatta di attesa e sorpresa.
Là fuori continua il salotto, i produttori, le chiacchiere, le piccole pause, i saluti volanti, il gossip, il dissenso e il tempo perduto.
Ma dentro e solo lì dentro si concretizza il senso dell'incursione ad Identità Golose, qualche scatto, un tweet forse due e poi concentrazione e curiosità e permettere che la lingua che accomuna appassionati, giornalisti, chef e autorità prenda forma nei modi e nei gesti dei protagonisti, anche se gli idiomi parlati sono molti, la comprensione è sicura: si parla di cucina.
Auditorium, Sala Blu, Sala Gialla...impossibile essere presenti a tutto anche per l'accavallamento degli orari, potendo e dovendo scegliere, ho tralasciato (e magari potrei pentirmene già domani) alcuni interventi, forse perchè, così "a naso", nelle premesse, non hanno sortito uno sfrenato interesse.
Dispiaciuta, questo sì, di non essere stata presente lunedì a "Identità-donna" : del mondo delle donne-chef so davvero poco, le conosco da "lontano" Aurora Mazzucchelli, Viviana Varese (incontrata domenica e condiviso con lei parole e piccole pause "tabacco") Cristina Bowermann e altre. Cercherò incontri più ravvicinati nei loro ristoranti...
Ho saltato anche Identità-pizza (ma avevo partecipato a Pizza-Up lo scorso novembre) gioco-forza dovrò farmene una ragione.
Forse domenica non è stata la giornata ideale, ma il tema del Congresso "Oltre il Mercato" posso dire: non pervenuta.
Non ho sentito incidere a forza il tema, gli chef con padella e mestolo in mano (ad essere fortunati) non hanno sfiorato temi legati alla stagionalità, alla sostenibilità, ai piccoli produttori, molti si sono limitati al puro show per l'applauso, per autodeterminarsi e per cercare consenso.
Avrei voluto sentire un'unica voce, un pensiero che accomunasse tutti, un'idea concreta volta a costruire "la nuova cucina italiana", una visione possibile e non "ufologica" dell'universo cucina.
Se penso ad una platea di chef, ristoratori, pasticceri non so dire se dai tre giorni del congresso abbia potuto ricavare una linea guida per il futuro della gastronomia, un confronto ed una condivisione di intenti, forse vedrei dei volti delusi.
A parte gli stellati sul palco e nei laboratori tutto il folto mondo della ristorazione in generale non si è palesato ai miei occhi (eppure ricordo anni fa, un fittissimo gruppo di chef non-relatori, riempire le sale del congresso).
Dalla nouvelle cuisine, alla nueva cocina di Spagna, fino alla "rivoluzione" nordica, l'Italia si è sempre mossa un attimo dopo, sempre a rincorrere affannosamente le proposte altrui, come se il nostro territorio non avesse ricchezza sufficiente da imporsi come "scuola" e come se i "cervelli" fossero tutti scappati altrove.
Non trovo una logica a voler scimmiottare chi, studiando la propria realtà ha deciso di avvalersi di essa e dei prodotti indigeni eliminando cibi "stranieri" e valorizzare in chiave mangereccia licheni, muschi, resine...elementi poveri ma autentici, e voler inserire a tutti i costi in Italia gli stessi elementi (e andar per boschi e scogli) come punta massima della ri-scoperta e del ritorno al passato. Questa non è semplicità. Basta guardarsi intorno e carote, rape, cavoli, pomodori, agrumi, erbe aromatiche e tanto tantissimo altro circondano la nostra quotidianità con estrema facilità...lo chef non deve far altro che far suoi quegli ingredienti, amarli, studiarli, spremerli, strizzarli a volte anche solo contemplarli e di rimando proporre a noi nuove sensazioni e nuove emozioni.
Quando sarò a Copenhagen sicuramente andrò da Renè, ma trovare in Italia il Noma 2 non mi interessa proprio.
Ecco infine, la mia domenica a IG:
Corrado Assenza e Massimiliano Alajmo - il latte e la sensazione lattea
La materia in forma pura e il raffinato "inganno" del latte inesistente ma percepibile.
Conosco bene entrambi e le loro preparazioni e quindi immancabile per me il primo appuntamento a IG2012. Desiderio di lasciarmi ammaliare dalle parole e dai "fatti" di un personaggio unico come Corrado e percepire a pelle la sua passione ed emozione nel comunicare con la sala, nello spiegare in forma quasi maniacale, ma assolutamente concreta la realtà di un grano siciliano piuttosto che di un latte locale e le sue straordinarie caratteristiche. Un desseret dall'impianto elementare eppure così vivo e carico di profumi ed estrazioni aromatiche.
Massimiliano presenta la sua "sensazione lattica" dove il latte e quindi il lattosio non ci sono, ma grazie alla ricerca e alla capacità innata di estrarre dagli ingredienti tutto il meglio, la percezione del latte è vera sia nella maionese di merluzzo che nella ricotta di mandorle, di pistacchi, e in quella "storica" di fave decorticate. Una bella alternativa per chi non vuole o non può assumere latticini. I due hanno fatto ricerca come "si deve" ed il risultato è vera cultura gastronomica.
Mauro Uliassi e Moreno Cedroni
...i derby-boys di Senigallia mi hanno fatto rivevere sensazioni evocative di un passato casalingo comune a chi come me vive sul mare, dei piatti-ricordo d'infanzia riproposti non come dei semplici dejà-vu ma un vero "ribaltone" in chiave moderna con tecnica e sapere gastronomico. Dalla seppia appena pescata quasi non pulita e cotta direttamente sulla piastra al riemergere di un sapore ancestrale nella "padella" di mamma con piselli, seppia e uovo. Un concetto contemporaneo ma che mantiene l'unicità e la forza dei sapori di una volta. Blues e Free-Jazz in cucina. Like
Perchè la cucina per Alex deve essere poesia e sapore ma anche aiuto al popolo dell'Amazzonia. Ed ecco che piccoli produttori possono sostenere un'agricoltura etica mantenendo la tipicità del territorio senza stravolgerlo. La ricerca di elementi primitivi (il cuore di palma che diventa tagliatella) i piccoli pesci, le lumache che tra le mani dello chef si trasformano in bouquet di sapori e sensazioni (gusti floreali ed inaspettate consistenze a ricordare il fungo porcino) Scelte colte e mai banali. E' stata pura fortuna aver assaggiato un dessert che concentrava tutto ciò che lo chef non amava da bambino:il cioccolato amaro, il sale, il vino (e quindi l'alcool) il piccante...ma questa volta gli elementi tanto odiati sono stati resi "accessibili" in una struttura dolce che è quasi un food-game: la goccia di olio di peperoncino verde (piccantissimo) è celata, il cioccolato è vellutato e suadente con piccoli accenni di salinità e il gelato al whisky è la nota fresca e frizzante.
nei ruoli di pasticcere e chef o meglio ancora, entrambi i ruoli assunti dai due.
Un menu completo pensato e lavorato con tecniche da pasticceria: l'insalata, la carbonara e la bignolata. Amando le tecniche della pasticceria non posso che sostenere ed apprezzare la ricerca dei due.
La non-strana coppia.
Fuori Auditorium:
Lo spazio (più ampio e agevole quest'anno) dedicato a sponsor e produttori è stato un via vai di cuochi e appassionati, fotografi, blogger,giornalisti, gastrofanatici e oltre.
Alcuni hanno organizzato -eventi-nell'evento- creando dei piccoli teatri-gourmet per la gola dei presenti.
MOLINO QUAGLIA attrezzato questa volta come una vera panetteria con due forni a platea ideali per cuocere pani grandi ricchi dei profumi del grano che amiamo tanto. E' stata presentata anche la piccola pasticceria all'acqua, totalmente priva di grassi ma ricca di aromi: frollini con liquirizia, caffè, pistacchio per un effetto "crock" sotto i denti molto piacevole. L'angolo del lievito madre, rinfrescato varie volte dall'abile dott.ssa Francesca Morandin (figlia del maestro Rolando professionista dei grandi lievitati) e distribuito nel lievito-box insieme ad una prima dose di farina per poter effettuare il rinfresco a casa. Geniale!! Tutta l'area monitorata e sostenuta da Chiara Quaglia e Piero Gabrielli, instancabili promotori e perfetti "padroni di casa".
PASTIFICIO DEI CAMPI e quindi Giuseppe Di Martino il primo volto sorridente e radioso incontrato a IG.
La sua pasta raccoglie tutti quegli elementi che mi aspetto: gusto del grano, consistenza, perfetta abbinabilità con sughi e salse, piacevolezza finale. Obbligatorio l'assaggio delle candele con ragù. Voilà!!
VANDENBERG EDIZIONI e Anna Morelli. Dopo l'esperienza Apicius fonda Cook_inc nuova officina di alta gastronomia. Sul desk varie copie del primo numero da sfogliare, ammirare, leggere e....a fine giornata: voilà acquistato ( e finalmente si leggerà qualcosa che valga la pena di essere letto)
e il PastaWarriors di Davide Scabin 3 preparazioni e 3 sorprese:
Spaghettone Twa (al dente anche se serevito con un brodo caldo e verdure)
Fusillone Wrap (la piadina che cela verdure, sugo e pasta...una preparazione dedicata al padre che non voleva che Davide bambino accompagnasse il pane alla pasta)
e Penna Squeeze... tre salse intense servite in tubetto (a piacere) ad accompagnare una pasta in bianco (bella idea anche per un pasto frugale in ufficio)
E io ero influenzato: la sf.. esiste :(
RispondiEliminae io bloccata dalla neve! uffa!
RispondiEliminagrazie per questo reportage :-)
Ciao Alex, concordo molto con questa analisi. Sul nostro blog c'era chi ci chiedeva un'impressione sui contenuti di IG, ed è sempre difficile dare una risposta se non conosci i presupposti e le aspettative di chi va a Identità. Uno dei punti per costruire le impressioni è stato proprio quello di comprendere l'attinenza tra il tema e lo svolgimento, come dire, e anche io ho notato un'aderenza non così stretta. In più, ripeto, un tema del genere poteva essere lanciato due-tre anni fa, per poter essere seriamente precursori e anticipatori di tendenze piuttosto che quelli che arrancano dietro ad altri :)
RispondiEliminaCondivido molte delle cose che hai detto.
RispondiEliminaAnni fa ero più incline a lasciarmi sedurre dalle tecniche e dall'artificio, oggi sono molto più interessata alla materia prima, al prodotto e al rispetto per esso. Alla pulizia del gusto più che allo stupore fine a se stesso.
Da questo punto di vista, meglio le sale "minori" che l'auditorium (con alcune lodevoli eccezioni) dove troppo spesso mi sembra di percepire un'ansia di sparare mortaretti (ancora) piuttosto che di ricercare la sostanza, l'essenza del gusto, dell'ingrediente.
Nomini Uliassi. Lui è l'esempio perfetto, per me, della lodevole eccezione. Amo la riconoscibilità e la pulizia del gusto dei suoi piatti, che hanno dietro lavoro, tecnica e studio, ma DIETRO, appunto. La tecnica non è, là, un fine, ma un mezzo. Le canocchie che ha preparato a IG le ho mangiate mesi fa da lui, leggermente diverse perché in stagione diversa. Ed erano divine. Così apparentemente semplici, così perfette.
Che differenza rispetto a chi uccide un prodotto meraviglioso, che peraltro non appartiene alla sua cultura, nascondendone il gusto fresco e dolce di latte sotto una insostenibile acidità e con procedimenti che ne alterano consistenza e sapore. E' accaduto due anni fa al Salone della mozzarella. Il pensiero è stato: tanto valeva usare lo yogurt, in questi piatti, invece di una straordinaria mozzarella della Piana del Sele. Eppure, chi opera questo scempio viene osannato. Conformismo?
Stravolgere per stravolgere non ha alcun senso, e non c'è alcun merito nel farlo, se dietro non c'è un concetto vero, se manca una logica, un fine. Se il fine è solo l'esibizione di se stessi, preferisco i pizzaioli a IG per tutta la vita.
Bellissimo reportage!! L'ho letto con molto piacere! :)
RispondiEliminaLa neve ha bloccato tutti! :(
Babi
Corrado...quindi niente IG? o sei riuscito ad arrivare lunedì?
RispondiEliminaAcquolina...ho viaggiato con neve da Vicenza a Dalmine...ma alla fie è andata bene. L'anno prossimo IG a giugno!!
Maricler...sono stata presente solo domenica e non posso giudicare le altre giornate...ma in apertura di congresso, anche in modo trionfale (perchè no?) lanciare il tema a gran voce, e dare parola chi nel tema Oltre il mercato crede, ma non solo chi dallo stesso tema ricava un percorso non solo culianrio ma proprio di vita. Avrei voluto ascoltare più produttori che vedere performance, che gira e rigira sono sempre quelle, sentire chef "spririti-guida" per la ristorazione in toto nel senso che -hai fama-visibilità-tecnica-creatività-conoscenza- cosa fai per "incidere",cosa vuoi trasmettere, che prospettive ha il futuro?
Giovanna...parlare di Uliassi per me è come giocare in casa:sapori distinti (e non un'accozzaglia di ingredienti per stupire)cotture perfette, ingredienti di altissima qualità e freschezza dallo spaghetto affumicato all'albanella passando per lo scampo zen e alla cannocchia come citi tu...il mare allo stato puro (per me il massimo mancandomi solo le pinne per potermi considerare un pesce)eppure dietro a tutta questa purezza, c'è tecnica e tecnologia, ragione e sentimento. Come Alajmo dove la profonda conoscenza dell'ingredienti gli permette un'estrazione di aromi e sapori impareggiabile. Molti suoi piatti di cultura padovana, tra le sue mani ed il suo pensiero acquistano e si arricchiscono di una bontà che sorprende. Ma sempre dall'ingrediente si parte. Se lo conosci e padroneggi la tecnica, lo esalterai sempre al meglio. Spesso si vedono grandi tecniche che ahimè nelle mani sbagliate non fanno che mortificare la cucina e i prodotti in genere. Tutto ciò non mi conquista per niente, mi fa sorridere (amaramente)e sperare che una logica prima o poi si possa palesare. Grazie della tua analisi!!
Babi...grazie!! mi sento miracolata:)) anche se venezia va giù...riusciamo ancora a stare a galla: niente neve, pioggia anzi sole pieno:)