Isola di Mazzorbo - La vigna murata
Guardi la mappa e ti rendi subito conto che se per
raggiungere Venezia devi capire se prendere il treno, arrivarci con l’auto, con
la linea di vaporetti che parte da un affaccio lagunare a Mestre….partire per
Mazzorbo (e quindi anche Burano e Torcello) richiede un’ulteriore dose di
nomadismo.
chioschi di
cartoline e magliette,
ti imbarchi
e sai che arriverai
solo ad una prima tappa
di avvicinamento,
vedi Murano, il cimitero
San Michele, e dietro,
ma solo
dietro e non
ancora scrutabili le isole
perse tra acqua,
barene e salicornia.
Dopo 35 minuti di ambiente acqueo solitario, metti a
punto la check-list che disordinatamente avevi
preparatato:
- open mind abbandonare luoghi comuni e preconcetti
- cercare il particolare trascurare l'ovvio e l'ordinario
- senso della
meraviglia qualsiasi guida, qualsiasi cosa si abbia letto prima, non potrà mai competere con il primo contatto "fisico" con luoghi, colori e profumi.
- trovare soddisfazione soprattutto nelle piccole cose
- trovare soddisfazione soprattutto nelle piccole cose
- un blocchetto e una
penna
- una macchina
fotografica
E comincia l’avventura:
Un senso di pace avvolge questo micro-mondo fatto di case linde, campanili solitari, piccole barche
attraccate ovunque - barca xe casa…si
dice qui, e aggiungo anche “vita” in quanto elementi base del vivere quotidiano – verde e orti
inaspettati.
Stupisce tanta tranquillità in un’area di così grande e
spesso ostile isolamento –pensiamo alle nebbie e all’acqua alta- ma anche tanta
laboriosità: carico e scarico di merci direttamente dalle rive, camerieri in
mezza divisa (scarpe, pantaloni neri e maglietta…giacca e gilet dopo) che si
affrettano per raggiungere ristoranti e trattorie per il servizio, chi stende
biancheria, chi lucida pavimenti (dalle tende di cretonne scostate dalle porte
di ingresso, si scorgono marmi lucenti come a Versailles)
e se Burano ci
abbaglia con i suoi colori fosforescenti ( e un po’ ci annoia con i souvenir
sparsi ovunque) Mazzorbo ci inoltra in un mondo agreste apparentemente
nascosto.
E’ la vigna murata della Venezia Nativa (Venezia sorge, prende vita e si sviluppa da questo pugno di isole) che più incuriosisce e porta fin
qui. Grazie a Michela (che cura le relazioni esterne) è stato
possibile toccare con mano questo luogo, voluto fortemente dalla famiglia Bisol
(tra i più antichi produttori di prosecco in quel di Valdobbiadene) dopo una
scoperta casuale, ha poi costruito pezzo per pezzo, con molto coraggio e
romanticismo, un ambiente perfettamente integrato nella vita dei residenti, e
un ambiance rurale-zen per il viaggiatore di passaggio, traducendo poi il tutto come un viaggio arcaico nel tempo svelandosi come una
polaroid vecchia di 500 anni.
dove la realizzazione del vino era votata esclusivamente al proprio consumo.
Alcune isole della laguna riflettono ancora oggi la presenza vinicola dell'area:
San Giovanni della Vigna e le Vignole, ad esempio
Solo due ettari di terreno, metà coltivato a vigna → uva
Dorona e metà ad orti gestiti da appassionati e contadini fai-da-te.
Ma la Dorona è quell’elemento che per scoperta e storia non
può che affascinare chi ascolta il nostro Virgilio – Cinzia Armanini, gentile ed infaticabile accompagnatrice - una
vigna di cui si erano perse le tracce, una vite trovata per caso nel verde di
Torcello detta appunto uva Dorona. Pareva tanto strano quel nome completamente
assente negli studi degli enologi e dei sommelier interpellati, da far credere
che non fosse un nome “dialettale” di un’uva comune e popolare, ma proprio una
varietà autoctona degli orti veneziani. Ulteriori ricerche a Sant’Erasmo (altra
isola lagunare famosa per le castraure ma anche per le tante primizie
provenienti dai suoi orti), poi da un’antiquario la rivelazione: quell’uva e
quel vino erano destinati ai Dogi della Serenissima, ecco il nome Dorona o Uva
d’Oro: Oro come l’oro degli zecchini, Oro come oggetto raro e prezioso.
grappolo di Dorona bottiglia di Venissa
Serve tenacia
e conoscenza, per riportare a nuova vita una patrimonio archeologico ormai
perduto, in un fazzoletto di terra battuto dai venti e invaso dalle acque
salmastre.
Anni di studio, di prove, di tentativi, alla fine grazie al lavoro
della famiglia Bisol il vino Venissa prende forma e si anima in piccole
bottiglie (4880 da ½ litro 88 Magnun e 88 Jeroboam) che racchiudono l’anima veneziana
in un sol botto:
lamina d’oro 24 carati battuta a mano tra “fogli” di cuoio dai
discendenti della famiglia Berta Battiloro – un nome che è già fiaba da paese delle meraviglie- oro che
veniva utilizzato per rivestire cornici, mobili, utilizzato nei mosaici o per l’antica
arte del vetro soffiato, ecco che allora interviene Giovanni Moretti e affoga la foglia nella bottiglia
grazie alle fornaci Carlo Moretti e alla sapienza dei suoi maestri vetrai a
Murano.
Una bottiglia scrigno di venezianità : vino, oro e vetro.
…e molto altro ancora come da analisi sensoriale (riporto la scheda di Venissa)
“Il vino riflette un colore dorato, ed un’espressione nasale
subito speziata, con sensazioni evidenti di camomilla e crema di noce. Al tatto
la consistenza è piena e cerosa, con note dominanti di mandorla in armonia con
espressioni di mela gialla e miele; in chiusura è leggermente asciutto. E la
persistenza è sapida. Al naso, conquistano i ricchi profumi da bianco
strutturato. In bocca, sorprendono i sapori da rosso maturo e il ricco estratto
secco”
Grazie all’esperienza di bianchista di Desiderio Bisol e
all’autorevolezza di Roberto Cipresso
(esperto nelle terre dei rossi) è nato un vino che non assomiglia a
nessun’altro.
Dopo la degustazione di Venissa siamo passati al pranzo (con i piatti preparati dalla chef Paola Budel) e ad altri vini...al Ristorante Venissa...
Domani lì :)
RispondiEliminaBello, bello, aspetto la seconda parte con ansia :)
RispondiEliminaArtemisia...ti invidio.Vorrei tornarci é un posto bellissimo
RispondiEliminaAdy...e si parlerá di cucina:)
oAlex bellissimo post!! non conoscevo affatto questo posticino (credo di conoscere molto poco delle vere meraviglie di Venezia e della sua laguna), un giorno forse avrò la fortuna di poter pranzare o cenare lì.
RispondiEliminaCome Ady attendo anch'io con ansia la seconda parte :)
Ci sono stato diverse volte e ci porto ogni tanto anche i miei clienti ;-)
RispondiEliminaUn angolo che da molto tempo vorrei visitare, perché non lo conosco affatto e, dopo aver visto un documentario, ne sono rimasta incantata... spero di potermi concedere un weekend di relax in autunno e di riuscire a spingermi da quelle parti!
RispondiEliminaChe meraviglia!
RispondiEliminaConosco bene la zona, ho tutti i parenti a San Donà, e conosco bene la meravigliosa laguna!
Aspetto anch'io la seconda parte...ho già l'aquolina!
Nadia - Alte Forchette -
Monica...adoro le isole della laguna, sono angoli magici, forse anche perché sperduti e ancora intatti.
RispondiEliminaWalter...é un luogo di sicura meraviglia...li tratti bene i tuoi clienti eh?
Serena...l'autunno é bellissimo in laguna, sembra che tutto rallenti:)
Nadia...quando sei da queste parti fatti sentire, magari riusciamo a farci un giretto insieme:)